Ivan Fedele (1953) |
Maja (1999) per soprano ed ensemble |
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su testi di G. Corti |
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Daniela Terranova (1977) |
Di natura sottile (2016) per ensemble |
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Yu Kuwabara (1984) |
Five Images-In Nomine (2019) per sei musicisti |
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Ivan Fedele (1953) |
X-Tension 1 (2018) per ensemble |
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Roberto Vetrano (1982) |
Gagarin - Sérénade pour Bruno (2020) |
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per soprano, ensemble amplificato ed elettronica |
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su testi di Gastone Novelli e Yuri Gagarin |
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Si ringrazia l’Archivio Gastone Novelli per la gentile concessione per l’utilizzo del testo |
Gabriele Manca (1957) |
Illeggibile sole* (2022) per ensemble ed elettronica |
Syntax Ensemble
Valentina Coladonato voce, Maruta Staravoitava flauto, Marco Ignoti clarinetto, Francesco D'Orazio violino, Fernando Cauda Greco violoncello, Anna D'Errico pianoforte, Dario Savron percussioni, Maurilio Cacciatore elettronica
Pasquale Corrado direttore
*prima esecuzione assoluta
Di recente istituzione, il Syntax Ensemble è una formazione dedita alla ricerca nell’ambito della musica contemporanea che raduna alcuni dei migliori musicisti del panorama nazionale ed europeo. Partendo da Maja, brano composto da Ivan Fedele del 1999, il programma propone un percorso attraverso delle pagine di recente composizione di Daniela Terranova, Yu Kuwabara, Roberto Vetrano, un altro lavoro di Ivan Fedele e una prima esecuzione assoluta di Gabriele Manca.
Maja
Si tratta del secondo confronto di Fedele, a undici anni di distanza dalla prima Maja (1988), con i versi di Giuliano Corti dedicati alla mitologica ninfa, la più anziana e bella delle sette Pleiadi, che, amata da Zeus, generò Ermes e il cui nome rimase nella lingua greca come appellativo di madri, nutrici, donne anziane e benevole.L'inquietudine che serpeggia nelle parole e che conferisce al testo letterario un ampio ambito espressivo, tanto da prevedere fin dall'origine una voce recitante accanto a quella cantante, si trasferisce intatta alla musica. Ciò è facilmente riconoscibile nel trattamento della voce di soprano che spazia, senza fratture o separazioni evidenti, dal parlato al declamato, dal balbettìo al canto espressivo, da sinuosi effetti di glissando a misteriose risonanze diaframmatiche a infinitesimali accentuazioni fonetiche dei suoni consonantici. Ma lo è anche nella struttura formale del brano che si suddivide in tre grandi parti. […] E alla fine ci accorgiamo che l'antico potere incantatorio di Maja ha preso il sopravvento. La progressiva semplificazione si rivela capacità estatica e tensione ipnotica.
Claudio Proietti
Di natura sottile
Il lavoro si configura come uno studio sull’essenza materica del suono, fortemente legato a un’esplorazione dei materiali di cui si compongono gli strumenti musicali stessi. All’aspetto primordiale della materia, libera dalla necessità di un soggetto esterno, il segno imprime l’espressività della forma. Il trattamento della texture, scabra e astratta, supera l’aspetto propriamente figurativo, cercando di evocare piuttosto che raccontare, disegnando un’arcata formale di ampio respiro attraverso la graduale metamorfosi dei gesti sonori iniziali. Strappi e sfibramenti disegnano un paesaggio ferito, metafora di una realtà frammentata, destinata allo sgretolamento. Una memoria sottile attraversa il groviglio per cogliere l’intima relazione di tutte le parti, come un orizzonte di fissità che affiora da uno spazio interiore.
Daniela Terranova
Five Images-In Nomine
Per me, la creazione consiste nel collegare diverse cose che esistono lontane l’una dall’altra. Questa composizione è nata collegando nella mia mente il concetto rinascimentale di In Nomine con il termine “immagine” tratto da Matière et mémoire di Henri Bergson. In Nomine era un titolo di alcune composizioni strumentali del XVI e XVII secolo basate sul canto gregoriano Gloria Tibi Trinitas. In Five images-In Nomine, il cantus firmus è tenuto molto liberamente come cornice per ciascuno dei cinque brani. Sebbene il termine “immagine”, così come lo intende Henri Bergson, sia ancora difficile da comprendere, ho letto Matière et mémoire e ho cercato di trovare la sua natura. Pensare all'immagine deve darmi nuove prospettive per costruire suoni come energia e tempo.
Yu Kuwabara
X-Tension 1
Tre immagini aforistiche, forse il preludio a una estensione formale più ampia. Schegge di senso musicale condensate in figure icastiche che si articolano secondo principi additivi. Il desiderio e al tempo stesso il piacere della sintesi, intesa come opzione estrema della creatività. Il pezzo è dedicato al caro amico Claudio Ambrosini in occasione del suo 70º compleanno.
Ivan Fedele
Gagarin - Sérénade pour Bruno
Composto nel 2020, anno del centenario dalla nascita di Bruno Maderna (1920-2020), il brano è un omaggio ad uno dei più importanti compositori italiani del dopoguerra. Il testo utilizzato è una ricomposizione di frammenti tratti da un’opera di poesia visiva del 1969 del pittore romano Gastone Novelli intitolata appunto GAGARIN. Oltre alla citazione nel sottotitolo (chiaro riferimento a Serenata per un satellite), l’omaggio a Maderna risiede nel contenuto stesso del testo, che indaga la condizione dell’artista come esploratore e osservatore della realtà: Gagarin diventa pretesto e simbolo del ruolo dell’artista, che per la prima volta volge lo sguardo verso luoghi sino ad allora solo immaginati, superando i confini possibili e scoprendo nuove prospettive del mondo. Al testo di Novelli si aggiunge l’iconica frase pronunciata dallo stesso Gagarin: «non vedo nessun Dio da quassù». Altro testo e altre parole, indecifrabili e simboliche, sono presenti nella parte elettronica, costruita utilizzando frammenti originali tratti dalle comunicazioni radio dell’epoca: voci e interferenze affiorano e si intersecano con le trame sonore degli strumenti. Il tempo si dilata, la navigazione è sospesa nel vuoto, l’osservazione del reale diventa epifania.
Roberto Vetrano
Illeggibile sole
Che cosa ascoltiamo, alla fine, quando ascoltiamo? Siamo capaci di ascoltare suoni dal passato più remoto, da epoche a noi davvero distanti. Possiamo ascoltare la musica dei pigmei dell’Ituri, possiamo ascoltare la musica Gagaku. Un inuit può ascoltare un quartetto di Beethoven. Posso ascoltare la musica di Perotinus. Ma in definitiva che cosa facciamo quando “dichiariamo” di ascoltare? Quando definiamo quella cornice temporale che distingue l’ascoltare dal sentire? Con i miei ultimi lavori vorrei provocare un ascolto che sia fatto di ascolto, un ascolto che ascolti l’ascoltare, per dirla con Valery (Me voyant me voir, mi vedo vedere di Monsieur Teste). Quindi auspico che l’ascolto si riduca ad un essenziale ascoltare il modo in cui noi umani ascoltiamo, alla radice, verso l’archetipo più primitivo del pensiero: così l’uomo ascolta, così l’uomo pensa. Ma dico di più: proprio l’estraneità, la novità, ci pone di fronte al nostro essere di fronte a qualcosa, ad esplorarne il “residuo affettivo”, le sue constanti umane.Per questo motivo ho deciso di ricorrere ad un testo surrealista di Tristan Tzara, L’homme approximatif, (1931), un lungo flusso ininterrotto di scrittura automatica, di connessioni sintattiche forse casuali o comunque non causali. Questo “Illeggibile sole” è la prima parte di un ampio progetto in cui questo testo, la cui lettura dura circa 50/60’, sia sempre presente e latente.
Gabriele Manca
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