Attivo a Francoforte da oltre 40 anni, L’Ensemble Modern costituisce una presenza di riferimento nel panorama musicale odierno.
In programma alcune delle voci più interessanti della composizione internazionale degli ultimi anni con una prima esecuzione di Francesco Antonioni.
| Marko Nikodijevic (1980) |
grid/index [III] (2015) |
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per ensemble |
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| Margareta Ferek-Petric (1982) |
Climate Burn - Out (Stress Trilogy: Part II) (2018) |
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per flauto, clarinetto, violoncello e pianoforte |
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| Malika Kishino (1971) |
Himmelsleiter (2006) |
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per sei esecutori |
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| Francesco Antonioni (1971) |
Driften - Due studi* (2025) |
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per flauto contralto, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte |
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| Rebecca Saunders (1967) |
Blaauw / Sinjo (2004/22) |
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per tromba in Do (campana singola) |
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| Gérard Grisey (1946-1998) |
Talea. Ou la machine et les herbes folles (1985-86) |
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per cinque strumenti |
Ensemble Modern
Dietmar Wiesner flauto, Jaan Bossier clarinetto, Sava Stoianov tromba, Hermann Kretzschmar pianoforte, David Haller percussioni, Jagdish Mistry violino, Eva Böcker violoncello
Xizi Wang direttrice
*prima esecuzione assoluta
Attivo a Francoforte da oltre quarant’anni, l’Ensemble Modern è una delle realtà più autorevoli e innovative del panorama musicale contemporaneo internazionale. La sua natura poliglotta riflette la struttura democratica che ne guida l’organizzazione e la programmazione artistica: i musicisti, provenienti da otto Paesi diversi, decidono collegialmente i propri progetti e repertori. Questo modello favorisce un’apertura costante verso differenti forme di espressione e garantisce una pluralità di prospettive sul linguaggio musicale di oggi. Il programma del concerto, di respiro internazionale, riflette pienamente questa identità, accostando opere di compositori di diversa formazione e provenienza. Pur nella varietà degli stili, i brani eseguiti condividono un’attenzione profonda alla ricerca timbrica, esplorata attraverso tecniche esecutive innovative e una continua indagine sulle potenzialità espressive del suono.
La produzione del compositore serbo Marko Nikodijević si distingue per la sintesi di diversi metodi compositivi e approcci, attingendo a modelli matematici, alla musica spettrale e alla combinazione di strumenti tradizionali ed elettronica, con riferimenti stilistici eterogenei e una particolare attenzione alla musica techno. grid/index [III] si basa su una vasta raccolta di griglie e motivi bidimensionali, ordinati in ordine crescente di complessità, la cui superficie apparentemente statica rivela, a un’osservazione prolungata, una profondità virtuale. L’opera trae ispirazione dal compendio visivo dell’artista Carsten Nicolai.
Piuttosto diversa è l’esperienza musicale di Margareta Ferek-Petric, compositrice croata attualmente residente a Vienna, contraddistinta da un’immediata vivacità timbrica, ma anche da una visione critica del mondo, spesso attraversata da (auto)ironia e umorismo.
Queste caratteristiche emergono in Climate Burn – Out, seconda parte della Stress Trilogy. Il protagonista è il tempo, inevitabile fonte di stress in diverse situazioni della vita quotidiana. Il brano gioca con diversi cliché riferibili a questo tema e li frantuma in astrazioni che descrivono l’incertezza del futuro. Gli strumenti interagiscono con un fare teatrale, amplificando l’aspetto performativo del brano.
I Due studi di Francesco Antonioni, eseguiti per la prima volta in questa occasione, ruotano attorno all’immagine evocata dal titolo in tedesco, Driften / andare alla deriva. Come spiega lo stesso compositore, questa ha a che fare direttamente con l’atto del comporre: «invece di percorrere la strada maestra della creatività, invece di plasmare alla propria volontà un materiale amorfo, ribelle, lasciar prevalere il flusso sull’intenzione, assecondare la corrente rispetto alla direzione lineare, in poche parole: andare alla deriva. In italiano non esiste una parola per dirlo; forse: errare (che è molto vicino a errore), deviare. In altre lingue sì: in tedesco Driften; in inglese Drift. Andare alla deriva è un rischio: non si controlla l’andatura, si può finire tra gli scogli o in una secca, o essere travolti dai vortici.
Ma andando alla deriva si esplora, si conosce, si viaggia per davvero. Non si forza l’andatura, si arriva mediando le proprie intenzioni con le circostanze estemporanee, e la destinazione è tanto chiara quanto imprevedibile» (Francesco Antonioni).blaauw/sinjo di Rebecca Saunders nasce come revisione di blaauw, brano composto nel 2004 per tromba a doppia campana e dedicato al trombettista Marco Blaauw (ensemble Musikfabrik).
La nuova versione, realizzata per il trombettista bulgaro dell’Ensemble Modern Sava Stoianov, è invece per tromba in Do a campana singola. Le due parole che compongono il titolo traducono entrambe “blu” nelle lingue madri dei due dedicatari: l’olandese (blaauw, con un riferimento al nome del dedicatario) e il bulgaro (sinjo), richiamando il colore come dimensione timbrica e percettiva. In questo brano, Rebecca Saunders esplora i limiti sonori della tromba attraverso tecniche di emissione complesse, microvariazioni di altezza e un uso scultoreo dello spazio acustico. Il suono diventa materia viva, attraversata da respiri, frizioni e vibrazioni, in una continua tensione tra fragilità e forza.
La presenza di Gérard Grisey in un programma fortemente proiettato sulla scrittura musicale più recente rappresenta un ritorno alle radici di una concezione del suono come materia da esplorare. La sua ricerca ha tracciato un sentiero che molti compositori contemporanei continuano a percorrere, indagando nuovi equilibri tra percezione, gesto e spazio sonoro.
Nel presentare Talea, Grisey spiega come il termine utilizzato nel titolo recuperi una pratica musicale diffusa nel Medioevo, indicando «una struttura ritmica ripetuta sulla quale si innesta una configurazione di altezze anch’esse ripetute, coincidente o no con quella struttura ritmica, e che si chiama color». Alludendo anche al significato botanico del termine – talea come innesto, rigenerazione – il compositore costruisce un brano in due parti, proiezioni diverse di un medesimo gesto sonoro.
Egli si concentra prevalentemente su due aspetti del discorso musicale che erano stati, su sua stessa ammissione, trascurati nella produzione precedente: la rapidità e il contrasto. Nella prima parte, un impulso rapido e incisivo si erode progressivamente fino al livellamento dei contrasti; nella seconda, quello stesso gesto si espande in una forma più ampia e implacabile, attraversata da apparizioni irrazionali che rifioriscono come “erbe selvatiche” all’interno della macchina sonora. Talea dipinge una progressiva metamorfosi del suono, tra ordine e libertà, rapidità e stasi, razionalità e impulso vitale

con il sostegno dell’Accademia Tedesca Villa Massimo, in collaborazione con Fondazione Musica per Roma, con il gentile supporto dell'Ensemble Modern Patronatsgesellschaft e.V
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